Ritrovata lapide a Sesto Imolese. Sulle tracce dell’Antico Oratorio del Santissimo Salvatore e del Patrizio Nicolò da Carpi “il Barbero”

04 2015 UNA ANTICA LAPIDE RITROVATA A SESTO IMOLESEIl ritrovamento

In un ordinario pomeriggio a metà di una primaverile settimana appena trascorsa, alcuni dei nostri più fervidi parrocchiani, precisamente Franca Corazza, Nerio Bortolotti, Carlo Nannini, si sono trovati per lavorare nel cortile retrostante alla Parrocchia di Sesto Imolese. Come consuetudine i nostri tre protagonisti si stavano preparando a curare il piccolo orto, che don Francesco Gaetta ha ereditato dal caro don Casimiro.
Per curare un orto è necessario usare i giusti attrezzi del mestiere, che come consuetudine si trovavano riposti in un sottoscala. I tre, preparandosi al loro lavoro, sono andati a recuperare gli attrezzi: nel sottoscala si sentiva un sonoro sgocciolare d’acqua.
Da tale sottoscala, si apre un varco, una specie di intercapedine, sotto il suolo e sotto le fondamenta del complesso parrocchiale edificato proprio a fine marzo di 61 anni fa.
Si tralasciano i dettagli che hanno poi portato ad una bonifica di quello spazio, profondo circa un metro e mezzo. Ciò che risulta interessante è il ritrovamento, da parte dei tre parrocchiani, di una lapide spaccata in due, in mezzo ad altri cocci e macerie.
I tre parrocchiani convergono sull’idea di lasciar spazio a dei giovani “che gli piace la storia e hanno fatto le scuola alte”. Ed ecco che don Gaetta si preoccupa di dare l’incarico di studiare la lapide, la sua possibile storia e la scritta a due parrocchiani: Monica Marocchi, bibliotecaria, e Nicolas Vacchi, della segreteria parrocchiale. In maniera curiosa ed entusiasta, da amanti della storia ci siamo messi subito all’opera.

La lapide e l’epigrafe
Sulla lapide, molto solenne e altisonante nei caratteri romanici si trova scritto:
“D.O.M. OSSA NICOLAI CARPI PATRITII IMOLENSIS AB ORATORIO SS.MI SALVATORIS INTRA LIMITES HUIUS PAROECIAE JAM SUPPRESSO TRANSLATA FUERUNT IN HANC ECCLESIAM PARROCCHIALEM S. MARIAE ASSUMPTAE DE SEXTO.
ANNO DOMINI MDCCCXXXV DIE III JULII.
La laureata in Lettere e lo Studente di Diritto, in criminoso sodalizio con la “Latinam Linguam”, hanno tradotto l’epitaffio in chiara flessione ecclesiastica: “Deo Optimo Maximo (ovvero a Dio il più buono e il più grande) Le ossa di Nicolò (di) Carpi, Patrizio Imolese, furono traslate dall’ormai soppresso Oratorio del Santissimo Salvatore, entro i limiti di questa parrocchia, in questa Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta in Sesto (Imolese), nell’anno del Signore 1835 il giorno 3 di Luglio.”

L’inchiesta
Chi era Nicolò Carpi? Dove si trovava questo oratorio del SS. Salvatore? Perché dall’oratorio, le sue ossa vennero traslate nella vecchia chiesa (costruita nel 1520 ed oggi ridotta ad abitazione privata dopo i bombardamenti del 1945)? Perché oggi ci siamo ritrovati nel sottosuolo della chiesa nuova (edificata nel 1954) una lapide che ha passato tre luoghi di culto? Le ossa di Nicolò Carpi dove sono? Proviamo a mettere ordine.

Oratorio del Santissimo Salvatore N. S. Gesù Cristo detto anche la “chiesa nuova”.
L’oratorio fu eretto nel 1619 da Nicolò Carpi sotto il vescovado di Ferdinando Millini. Ricevette la visita del Vescovo Ghigi nel 1653 nel corso dell’omonima visita pastorale. Costruito sembra sulla riva sinistra del Sillaro, in corrispondenza della omonima via San Salvatore, doveva essere di notevoli dimensioni poiché disponeva di ben tre altari: il maggiore dedicato a Cristo, nostro Santissimo Salvatore, il secondo a San Nicolò da Tolentino e il terzo alla Madonna venerata col Titolo della B. V. Maria del Santo Rosario (come nelle Chiesa Parrocchiale del 1520 e come nell’attuale Chiesa Parrocchiale del 1954). Classificata come chiesa sussidiaria, ossia a disposizione dei fedeli di una parrocchia che abitano troppo lontani dalla sede principale, ha sempre avuto un cappellano, di cui si conserva l’elenco circostanziato: Don Taddeo Cavina, Don Paolo Cenni, Don Francesco Villa, Don Luca Giovannini, Don Simone Bufferla, Don Domenica Taglioni, Don Domenico Piacenza, Don Pellegrino Monti, Don Sebastiano Zappi, Don Cristoforo Cardelli, Don Francesco Zaffagnini, Don Cassiano Peraccini, Don Tommaso Foschi, Don Domenico Ricci Petitoni.
Nel 1849 l’oratorio risulta chiuso.
Supponiamo che fosse già stato chiuso ancora prima del 1835 data in cui la lapide delle ossa di N. Carpi furono traslate dall’Oratorio del SS. Salvatore alla vecchia Chiesa parrocchiale (oggi ridotta ad uso abitativo dopo i bombardamenti).
La statua della Madonna del Rosario in occasione delle Rogazioni del mese di maggio, raggiungeva la parrocchia di Sesto Imolese, sempre in riva al fiume Sillaro. Alla soppressione dell’Oratorio, la statua venne trasportata in questa chiesa e fino alla realizzazione della nuova statua del Ferdinando – Perathoner nel 1954, ivi dava sfoggio di sé.

Nicolò da Carpi di professione “Barbero”
Ma chi era tale Nicolò Carpi che si fece tumulare nell’oratorio da lui eretto e le cui ossa furono traslate nel 1835 nella “chiesa vecchia”, diciamo noi oggi, alla soppressione del tempietto di via S. Salvatore?
Nicola del fu Giovanni da Carpi era di professione barbiere, ma non barbiere o parrucchiere come lo intendiamo oggi. Nel Medioevo e nell’età moderna i barbieri facevano la barba e praticavano la piccola chirurgia, vendevano unguenti e tisane, salassavano, medicavano piaghe, incidevano ascessi e cavavano denti. Erano insomma degli specializzati nella chirurgia e nella medicina di secondo grado.
Dal Campione figurato dei beni dell’ospedale di Imola del 1637, una sorta di catasto dei terreni, risulta che tale Nicolò da Carpi di professione “Barbero” era affittuario del podere “Sesto” a Sesto Imolese, nell’angolo fra il canale emiliano e il torrente Sillaro, oggi (vedi le coincidenze, di proprietà della Famiglia Barbieri, originaria di Carpi).
Ma Messer Nicola da Carpi aveva altri interessi nelle terre ospedaliere imolesi. Nicolò da Carpi non ebbe figli. Morì intorno al 1644 e nel suo testamento stabilì che il podere “Barbiera” di 40 tornature, confinante con quello della “Spedaliera”, oggi terreno della Cit in via casacce (Ortodonico) dove prospera un moderno impianto di noci, passasse alla moglie e al trapasso di questa, con l’istituzione del fidecommesso, al decano dei barbieri imolesi che avrebbe avuto l’obbligo di trasmetterlo ai decani successori e di offrire ogni anno “ onesto convito in luogo decente a tutti i barbieri della città coi loro dipendenti”.

Conclusioni
Tentiamo di rimettere ordine alle vicissitudini storiche, rispondendo ad alcune questioni.

Chi era Nicolò Carpi?
Era un barbiere e chirurgo, patrizio imolese, operante in Imola, nato fra il XVI e il XVII secolo e morto nel 1644, affittuario del fondo “del Sesto” oggi di proprietà della famiglia Barbieri.

Dove si trovava questo Oratorio del SS. Salvatore?
Si trovava in quella che oggi è chiamata Via San Salvatore, termine storpiato, in quanto non si fa riferimento ad un santo di nome Salvatore, ma al Santissimo Salvatore che è Cristo stesso. L’Oratorio era detto “chiesa nuova” per differenziarlo dalla “chiesa vecchia” che era la Parrocchiale bombardata nel 1945 nei giorni della liberazione. Esso non ha nulla a che vedere con la chiesa parrocchiale “nuova” edificata nel 1954 e situata in una zona più centrale e più lontana dal fiume, sempre dedicata all’Assunta.
Perché dall’oratorio, le ossa del Nicolò Carpi detto “Barbero” vennero traslate nella vecchia chiesa parrocchiale (costruita nel 1520 ed oggi ridotta ad abitazione privata dopo i bombardamenti del 1945)?
Per il semplice fatto storico della soppressione (prima del 1835) dello stesso oratorio, che era Chiesa Sussidiaria, ridotto poi ad uso profano, ed oggi concretamente scomparso alla vista di chi passi per via San Salvatore.

Perché oggi ci siamo ritrovati nel sottosuolo della chiesa parrocchiale nuova (edificata nel 1954) una lapide che ha passato tre luoghi di culto?
Il viaggio di questa lapide è veramente intricato: l’epitaffio era nell’oratorio per volontà del Carpi che si voleva fare tumulare in questo tempietto sussidiario; essa dall’oratorio passò poi alla chiesa vecchia perché il primo venne soppresso; dalla chiesa vecchia poi la lapide è pervenuta alla chiesa parrocchiale nuova, ritrovata oggi dai nostri zelanti parrocchiani. Supponiamo che durante i bombardamenti del 1945, la lapide che era conservata nell’altare laterale destro (secondo quanto ci conferma la nostra memoria storica l’ing. Graziano Galanti) venne ridotta in macerie assieme a buona parte della chiesa, assieme al campanile e alla canonica. Quando don Giacometti e i parrocchiani, negli anni cinquanta si industriarono per edificate la nostra nuova e bella chiesa parrocchiale, utilizzarono le macerie della vecchia per livellare il terreno e gettare solide fondamenta. Fra queste macerie c’era la nostra lapide, che fra l’altro risultava al momento del ritrovamento totalmente stuccata, forse, in segno di decoro a quello che fu un epitaffio prima di gettarlo in mezzo al resto dei cocci e delle pietre rotte, immaginiamo un giovane muratore sestese dell’epoca passare una cazzuola di stucco sulla lapide del Carpi, gettandola poi in mezzo al resto delle macerie.

Le ossa di Nicolò Carpi dove sono?
Se la lapide dall’oratorio, alla vecchia chiesa, è arrivata a noi nella nuova chiesa; poco o nulla si sa delle ossa: certamente sono state anzitutto poste nell’antico Oratorio, certamente vennero traslate nella Vecchia Chiesa Parrocchiale, e sicuramente non ci sono pervenute nella Nuova Chiesa. Supponiamo che siano ancora nel cortile privato di coloro che oggi abitano nella casa che un tempo fu la vecchia chiesa parrocchiale, in questo cortile infatti erano il cimitero “Del Sesto” e l’ossario comune. Oppure, seconda ipotesi ma meno possibile, queste ossa possono esser state reperite dopo il bombardamento e portate nel nuovo cimitero Sestese, sulla più lontana Via Ladello, verso Imola. Chissà dove si può trovare quel che resta del corpo del nostro “Barbero”, certo è che egli è esistito, si è distinto per essere abile e giusto chirurgo, patrizio imolese, amante della landa “Del Sesto”, dove decise di riposare in eterno, lui che avrebbe potuto esser sepolto altrove, in luogo più facoltoso, decise di onorare la sua terra. Fu rispettoso della sua comunità e operoso figlio della Madre Chiesa, verso la quale fu generoso.
Nicolas Vacchi
Segretario Parrocchiale Sesto Imolese

Monica Marocchi
Bibliotecaria di Sesto Imolese

 

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