A Villa Torano il “segreto dell’infinita scoperta”

A Villa Torano il “segreto dell’infinita scoperta”

“Vibrazioni” è la parola chiave che fa da filo conduttore all’appuntamento di mercoledì 10 agosto, alle ore 21, nella cornice della panoramica Villa Torano, sulle colline intorno a Imola. Come noto, i suoni che fuoriescono da molti strumenti musicali si formano in virtù delle vibrazioni prodotte. E “vibrazioni” è anche la traduzione italiana del nome che ha scelto di darsi lo Schwingungen Piano Trio, composto dalla violinista Shangee (Sania) Cheong, il pianista Sangeil Shin – entrambi coreani – e il violoncellista austriaco Stefan Kropfitsch che in ormai dieci anni dall’inizio della loro attività insieme hanno incantato, attraverso le vibrazioni che la loro musica sa regalare, i palcoscenici di tutta Europa. Un incanto che nasce da una particolarità non trascurabile di questa formazione, unita – prima che da uno stretto rapporto professionale – da profondi legami personali che il pubblico percepisce in ogni loro concerto, nel loro cercarsi costantemente l’un l’altro con gli sguardi, in un vibrante – ancora – afflato di respiri ed emozioni che fonde con precisione le note in una impareggiabile unità armonica.

 

La proposta musicale di questo trio capace di sublimare le sensibilità di Oriente e Occidente fino a comporle in uno straordinario corpo unico, prevede l’esecuzione iniziale del “Trio pathétique in re minore” di Mikhail Ivanovič Glinka, celebre per aver introdotto il romanticismo nella musica colta russa attraverso una sistematica attenzione al folklore locale espressa nell’uso del canto popolare all’interno dell’opera “colta”, nonostante una formazione  incentrata sull’opera italiana di matrice rossiniana, in un’epoca – la prima metà dell’Ottocento – in cui in campo musicale il grande impero retto dallo zar Nicola I era completamente succube dell’Occidente. Seguirà il “Trio in re maggiore (detto degli spettri) per pianoforte, violino e violoncello” di Ludwig van Beethoven, composizione intensamente romantica che rappresenta una delle punte più alte di tutta la produzione cameristica beethoveniana. Composto nel 1808 – momento di straordinaria creatività per il genio di Bonn, visto che a questo stesso anno risale l’ultimazione delle sinfonie Quinta e della Sesta – il Trio deve probabilmente la sua particolare denominazione (“degli spettri”) alla presenza in un quaderno di bozze destinato a un’ipotetica opera ispirata al Macbeth, di alcuni spunti che poi confluiranno nel secondo movimento del Trio, un “Largo assai” in re minore. Gran finale di serata con il “Trio n. 1 in re minore per pianoforte, violino e violoncello” di Anton Stepanovič Arenskij, compositore e pianista russo che fu allievo di di Nikolai Rimsky-Korsakov, apprezzato soprattutto per la grande efficacia compositiva che era in grado di esprimere proprio nelle sue produzioni cameristiche, piuttosto che nei tentativi – considerati meno felici dalla critica – di cimentarsi in poemi sinfonici. A buon titolo dunque, questo Trio in re minore, composto nel 1894, può considerarsi una delle composizioni più alte realizzate da  Arenskij.

 

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