Viaggio nel mondo dei reliquiari antropomorfi tra XIV e XIX secolo. Appuntamento con la cultura dal 16 aprile

Viaggio nel mondo dei reliquiari antropomorfi tra XIV e XIX secolo. Appuntamento con la cultura dal 16 aprile

Reliquiari e reliquie sono un binomio inscindibile. Entrambi hanno una grande valenza simbolica ed accompagnano la spiritualità umana da tempo immemorabile attraversando culti e culture religiose differenti, al tempo stesso riconducono al concetto di conservazione della memoria. Il termine reliquia discende direttamente dalla lingua latina, ove reliquiae significa semplicemente resti. Nell’uso corrente viene considerata reliquia ogni cosa che abbia avuto uno stretto rapporto con una figura oggetto di culto e venerazione, alle reliquie è attribuito un valore devozionale, salvifico e sovente potentemente taumaturgico. Molti ritengono che visitare il luogo ove la reliquia è custodita e, quando è consentito, toccarla o baciarla rappresenti un’efficace intercessione verso la figura santa cui è connessa. Il culto delle reliquie dei santi e dei beati, e soprattutto della Madonna e del Cristo, è diffuso in particolare nella Chiesa cattolica e in quella ortodossa. Si tratta di una consuetudine antichissima che risale alle origini del Cristianesimo e, inizialmente, è in stretto rapporto con il culto dei primi martiri cristiani.
La santità di queste figure si riteneva non soltanto ascritta al loro spirito ma pure alla corporeità e a quanto ne rimaneva nel tempo. Il Medioevo rappresenta certamente uno dei periodi di maggiore diffusione del culto delle reliquie, risale infatti a quest’epoca la fondazione di importanti santuari, ove conservarle e renderle per così dire “fruibili” dai fedeli, rendendo questi luoghi importanti mete di pellegrinaggio. Un aspetto di non secondaria importanza è costituito dai contenitori realizzati nel tempo sia per custodire degnamente che per rendere possibile l’ostensione delle numerose e multiformi reliquie. Tra i corredi liturgici i reliquiari sono quelli che presentano il maggior numero di variazioni tipologiche e stilistiche, lo stesso si dica dei materiali impiegati nella loro realizzazione dall’Alto Medioevo all’attualità, si va dalla preziosità dell’oro, dell’argento (arricchiti con smalti e gemme) e dell’avorio, al legno, spesso rivestito da lamina metallica più o meno pregiata, al vetro e alla cartapesta. Un altro aspetto non irrilevante è rappresentato dalle dimensioni, queste vanno dalle più contenute quando questi oggetti sono destinati ad essere trasportati o indossati, via via fino alle teche destinate a conservare le intere spoglie di un santo. Fin dall’XI secolo è andata diffondendosi la consuetudine di realizzare i cosiddetti ‘reliquiari parlanti’, ossia che dichiarano attraverso la forma esteriore la natura del contenuto, possono dunque avere forme semplici, quale quella della croce, oppure riproporre, nel caso dei reliquiari antropomorfi, varie parti del corpo umano, quali mani, braccia, gamba o piede e, quando la raffigurazione è quella della testa o del busto del santo, l’aspetto e la storia di questi contenitori sfuma in quella del ritratto scultoreo.  A partire dal XVI secolo il reliquiario ha conosciuto un notevole incremento produttivo dovuto anche alla scoperta delle catacombe romane con relativi resti ritenuti appartenenti a martiri cristiani. Di conseguenza con il moltiplicarsi delle reliquie numerosissime chiese si sono dotate di uno straordinario numero di reliquiari, realizzati nelle forme e in materiali estremamente diversificati talvolta mutuati dalle tipologie più antiche. In età barocca sono molto frequenti quelli monumentali, in legno intagliato e dorato, mentre nel Settecento si preferiscono i reliquiari con figurazioni a tutto tondo, spesso in argento, ove i sacri resti sono collocati nel basamento, nell’Ottocento si tende ad imitare la forma degli ostensori, recependo nei motivi decorativi gli stilemi propri del Neoclassico e del Romanticismo. Che sia un’umile capsella metallica o uno sfarzoso oggetto d’alta oreficeria l’urna-reliquiario, contiene significati complessi e molteplici che riconducono alla sua contempoaranea natura di oggetto di culto, d’arte e di storia.

La mostra, promossa dal Museo Diocesano di Imola, sarà allestita nella Galleria Pio VII del vescovado dal 16 aprile al 29 maggio prossimi; essa propone una quarantina di manufatti (perloppiù in legno laccato e dorato) di grande interesse storico-artistico provenienti dal Museo Diocesano di Imola, dal Museo Parrocchiale di Dozza imolese e da una decina di chiese della Diocesi, di dimensioni variabili (da 32 a 130 cm di altezza), opera di botteghe attive in romagna, databili tra il XIV e il XIX secolo, e vuole sollecitarne un recupero intellettuale prima ancora che materiale.

L’evento gode del patrocinio dell’IBC della Regione Emilia-Romagna ed è realizzato con il contributo di: Credito Cooperativo Ravennate e Imolese, ARIALCO (Associazione ristoratori e albergatori del comprensorio imolese), Giacometti Impianti Imola, Lions Club Imola Host, Pro Loco di Imola, Assicurazione Cattolica ag. Generale di M. Normanni, 8X1000 della Chiesa Cattolica, Blu Impianti, Editrice LaMandragora.

Inaugurazione: sabato 16 aprile 2016, dalle ore 16.

All’inaugurazione interverranno – oltre al vescovo S. E. Mons. Tommaso Ghirelli e a Marco Violi curatore della mostra e vicedirettore del Museo Diocesano – Lidia Bortolotti storica dell’arte del servizio musei dell’IBC della Regione Emilia-Romagna, che parlerà sul tema: “Quel che resta del santo. Reliquie e reliquiari tra rappresentazione e valore simbolico”, e Lorenzo Lorenzini storico dell’arte e curatore delle raccolte del Museo civico d’arte di Modena che parlerà sul tema: “Reliquiari antropomorfi tra XIV e XIX secolo in Diocesi di Imola” presentando di fatto le opere in mostra e la loro tipologia sotto il punto di vista storico-artistico.

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