Giornata del Ricordo, l’intervento della presidente del consiglio comunale, Paola Lanzon

Giornata del Ricordo, l’intervento della presidente del consiglio comunale, Paola Lanzon

Sta diventando sempre più difficile per me accostarmi alle celebrazioni queste giornate, giornate che il Governo italiano ha istituito giustamente per legge, che hanno lo scopo di ricordare fatti di storia, densi di significato, densi di sofferenza, con l’obiettivo primario di ricordare, di mantenere la memoria, perché fatti del genere possano non accadere mai più.

Sta diventando sempre più difficile parlare di Memoria quando l’attualità racconta di esodi, di morti, di tragedie, di incapacità politica, che entrano giornalmente nelle nostre case e che dimostrano che la Memoria delle tragedie che hanno segnato la nostra storia non è stata sufficiente a fermare le nuove tragedie che stanno sconvolgendo il mondo e l’ Europa stessa; come se tutto il dolore passato non fosse servito a nulla. Era come se l’Europa sembrasse immune da rigurgiti di violenza. Non è così.
La Legge che istituisce la giornata del ricordo è del 30 marzo 2004, quindi relativamente recente,
è la numero 92 “ la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale Giorno del Ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopo guerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

La data del 10 febbraio è stata scelta per ricordare il giorno in cui a Parigi nel 1947 venne firmato il trattato di Pace in conseguenza del quale venne sancita la cessione di buona parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia di Tito e l’abbandono di numerose città.

Una tragedia italiana del ‘900 che riguardò un’intera regione, gran parte delle province di Trieste, Gorizia l’Istria, Fiume e Zara, cancellando una intera regione dalla Carta di Italia; parliamo di circa 350.000 abitanti che sono stati costretti a lasciare tutto, e di migliaia di persone che sono state barbaramente trucidate nelle foibe.

Questa legge è stata approvata in Parlamento nel 2004 con un grandissimo consenso ma con grande ritardo.

Con senso di concretezza si deve riconoscere e tener sempre presente che lo scontro ideologico non è mai stato amico e mai lo sarà della verità storica.
Non lo è mai nelle piccole e nelle grandi cose.

Quella convergenza politica in Parlamento nel 2004 ha rappresentato un punto zero, una ripartenza nell’affrontare l’analisi dei fatti di cui oggi ci stiamo occupando.

Anche nella nostra città il percorso è stato lento;
siamo partiti dalla approvazione in questa aula di un documento comune per l’intitolazione di un luogo alle vittime delle foibe, che successivamente venne definito nel giardino denominato ex limonaia.

Oltre alle celebrazioni in aula, abbiamo iniziato con l’ organizzare una importante iniziativa con le scuole superiori per approfondire questo periodo storico così complesso e articolato; in quella occasione e successivamente in altre abbiamo proiettato video realizzato dalla associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, video che più di tante parole riesce a rendere il dramma di quelle popolazioni.

E già due volte ci siamo recati con una delegazione a Trieste a visitare la foiba di Basovizza, la risiera di san Saba e il campo profughi di Padriciano, viaggio che vogliamo ripetere anche quest’anno introducendo anche la visita ai magazzini 18, i tristemente famosi magazzini portuali in cui i profughi ammassarono tutti i loro beni, e anche il museo del Ricordo sempre a Trieste.

Lo scorso anno avevano partecipato al viaggio diversi consiglieri comunali Barelli, Gambi, Laghi, Mirri, Marino Signan, presidente della associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e Marco Orazi del Cidra.
Avevano partecipato, oltre ad alcuni privati cittadini che si erano aggregati alla nostra delegazione, anche due studenti dello Scarabelli con una insegnante e sono molto contenta che quel seme abbia generato frutti;
infatti nelle prossime settimane il signor Signan è stato invitato proprio dall’istituto Scarabelli e dall’istituto Ghini per portare la propria testimonianza e raccontare ai ragazzi e alle ragazze quel periodo cosi tormentato.
Martedì 16 sarà all’istituto Ghini e il 23 e il 25 allo Scarabelli.

Durante il viaggio a Trieste siamo stati accompagnati dal professor Spazzali , direttore dell’Istituto storico di Trieste che con grande perizia ha provato a raccontarci la complessità di quel periodo storico e cioè dei fatti che riguardano i conflitti orientali del nostro Paese;

una storia che inizia con il primo conflitto mondiale e che si è prolungata ben oltre la fine della seconda guerra mondiale.

Filo conduttore di quella guerra e di tutte le guerre, al di là delle grandi ragioni degli stati, dei dittatori e del realismo della politica, c’è sempre la sofferenza della povera gente.

Oggi come allora, nulla è cambiato.

Parlando di povera gente è imperativo ricordare la vicenda dei campi profughi, una delle conseguenze meno conosciute di questa storia.

Sono stati attivi, gli ultimi fino al 1972/73 per un tempo lunghissimo e ingiustificato. questa è una storia nella storia che ha dell’ incredibile.

350000 profughi che fuggivano dalla pulizia etnica di Tito ; profughi che in Italia venivano considerati automaticamente fascisti, mentre si trattava solamente di persone che fuggivano perché volevano rimanere italiane e contemporaneamente salvarsi da una morte certa.

Ci sono episodi che raccontano bene, purtroppo , la follia di quel periodo; raccontano di quanto l’ideologia unita all’ignoranza, intesa in senso letterale, intesa come non conoscenza delle cose e della verità.
Ci sono episodi, dicevo, che raccontano e mettono in guardia su quanto ideologia ed ignoranza possano provocare.

Ieri qualcuno mi ricordava un episodio brutto e tristissimo, che ci avevano raccontato i rappresentanti della associazione dei profughi durante il viaggio a Trieste e che passa sotto il nome del Treno della vergogna.

Siamo nel febbraio del 47 da Pola partono due convogli di esuli italiani diretti ad Ancona, accolti dall’esercito per proteggerli dai connazionali, che consideravano i profughi dei fascisti.

Partono da Ancona alla volta di Bologna dove la croce rossa aveva predisposto pasti caldi, soprattutto per bambini e anziani.

Quel convoglio venne preso a sassate , pomodori e il latte preparato per i bambini venne rovesciato sulle rotaie.
Di fronte alla minaccia dello sciopero nella stazione di Bologna il treno venne fatto ripartire e venne fatto fermare nella stazione di Parma, dove finalmente i profughi poterono avere un po’ di assistenza.
Su questo episodio vi voglio leggere il commento di uno storico
Lo storico e scrittore Guido Rumici in uno dei suoi saggi scrive: «Si trattò di un episodio nel quale la solidarietà nazionale venne meno per l’ignoranza dei veri motivi che avevano causato l’esodo di un intero popolo. Partirono tutte le classi sociali, dagli operai ai contadini, dai commercianti agli artigiani, dagli impiegati ai dirigenti. Un’intera popolazione lasciò le proprie case e i propri paesi, indipendentemente dal ceto e dalla colorazione politica dei singoli, per questo dico che è del tutto sbagliata e fuori luogo l’accusa indiscriminata fatta agli esuli di essere fuggiti dall’Istria e da Fiume perché troppo coinvolti con il fascismo.
Pola era, comunque, una città operaia, la cui popolazione, compattamente italiana, vide la presenza di tremila partigiani impegnati contro i tedeschi. La maggioranza di loro prese parte all’esodo. »

Ignoranza e ideologia sono il cibo di ogni totalitarismo.

Ogni totalitarismo divide il mondo in buoni e cattivi; in quelli che si sentono depositari della verità e in tutti gli altri che sono da eliminare e da controllare; da epurare.
Questo è il cuore dei totalitarismi, delle dittature, degli integralismi di qualsiasi genere politico o religioso, non c’è nessuna differenza.
Che sia una idea, o un dogma il totalitarismo divide il mondo tra i puri, quelli che hanno la ragione e lo contrappongono al mondo dei cattivi, che si chiamano di volta in volta oppositori, rivoluzionari, infedeli; categorie comunque da sopprimere non per quello che fanno ma per quello che sono e rappresentano.
Questo è il totalitarismo in ogni epoca e in ogni luogo.
Ed è il contrario della democrazia , che è la legittimazione della confusione, virtuosa, ma confusione;
un luogo politico nel quale nessuno è depositario della verità assoluta, ma si pratica l’accettazione dell’altro da me, della convivenza e della responsabilità individuale.
Ed è qui il senso ed il valore della democrazia, il suo relativismo positivo, tutt’altro che negativo.

Siamo destinati quindi se vogliamo mantenere la pace, se vogliamo salvare le conquiste culturali e civili che faticosamente abbiamo raggiunto, Siamo destinati, responsabilmente, ad una lotta contro le idee malate, ai miti e alle ideologie, lotta che si può fare e combattere solo , paradossalmente, solo con l’aiuto di altre idee.

Questo è il valore del dialogo. Questo è il valore della democrazia, il valore della politica ed il ruolo delle istituzioni.

Paola Lanzon
Presidente del Consiglio Comunale

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