Nell’era della rivoluzione digitale i manifesti sono (quasi) spariti

Nell’era della rivoluzione digitale i manifesti sono (quasi) spariti

Sono vecchi, arrugginiti e anche oggettivamente antiestetici. Specialmente se li piazzi in luoghi particolarmente belli come la zona della Rocca di Imola. E, soprattutto, sono anche poco utilizzati. Parliamo degli spazi elettorali, le plance di metallo che puntualmente vengono piantate per consentire l’affissione – negli spazi appositi – dei manifesti elettorali.

Della perdita di appeal del classico manifesto elettorale ha parlato in questi giorni anche Il Resto del Carlino, sottolineando come questo tipo di propaganda abbia ormai fatto il suo tempo. Ed è vero. Nell’epoca della rivoluzione digitale, quando un click, un post su fb, un video, ti consente di raggiungere migliaia di utenti, il povero manifesto di carta resta solo il residuo di un modo e di una mentalità, probabilmente superati, di fare politica. Il candidato oggi è social, punta tutto sui nuovi mezzi di comunicazione di massa, con dirette facebook, video, post, che documentano, in tempo reale, i suoi spostamenti, le iniziative, le strette di mano, il consenso.

I manifesti si stampano ancora, certo, perché così si deve fare. Ma poi, negli spazi consentiti, a una settimana dal voto, se ne vedono pochissimi. Qualcuno nemmeno perde tempo ad attaccarli. Perché la campagna elettorale si è spostata altrove, sui luoghi delle piazze virtuali. Virtuali nemmeno tanto perché, alla fine, il messaggio ti entra direttamente in casa, attraverso il cellulare o il computer fisso collegato in rete. La propaganda ti accompagna in ogni secondo, quando apri facebook o un video di youtube senza dover attendere la trasmissione radiotelevisiva di turno.

La rete che tutto pervade rende così tremendamente anacronistica pure quella legge sulla par condicio varata nel 2000 per garantire a tutti i candidati il giusto spazio in televisione. E che poi, con le solite applicazioni restrittive, è arrivata perfino a limitare la comunicazione istituzionale in campagna elettorale provando, in un mondo sempre più social, a dettare tempi e modi del parlare, dell’esprimere l’opinione politica, del veicolare il messaggio.

Nel 2000, ai tempi della par condicio, la televisione era considerata un mezzo di comunicazione insostituibile. E’ ancora così nell’era della rivoluzione digitale, quando ovunque in rete siamo inondati anche di bufale e fake news? Pensiamoci.

Brigida Miranda

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